>>Violazioni e sanzioni
L’omessa registrazione del contratto di locazione, il parziale occultamento del corrispettivo e l’omesso o tardivo versamento dell’imposta di registro sono delle violazioni per le quali è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa.
Queste, in sintesi, le violazioni relative all’imposta di registro con le sanzioni applicabili:
VIOLAZIONE | SANZIONE |
Omessa o tardiva registrazione del contratto | dal 120% al 240% dell’imposta di registro dovuta |
Occultamento, anche parziale, del canone | dal 200% al 400% della differenza tra l’imposta di registro dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato |
Tardivo pagamento dell’imposta | 30% dell’imposta versata in ritardo |
Anche l’omessa indicazione nella dichiarazione dei redditi dei canoni di locazione, o l’indicazione degli stessi in misura inferiore a quella effettiva, costituisce una violazione di carattere fiscale.
Se nella dichiarazione dei redditi il canone derivante dalla locazione di immobili a uso abitativo
- non è indicato, si applica la sanzione nella misura dal 240 al 480 per cento dell’imposta dovuta, con un minimo di 516 euro
- è indicato in misura inferiore a quella effettiva, si applica la sanzione nella misura dal 200 al 400 per cento dell’imposta dovuta.
Inoltre, per i redditi derivanti dalla locazione di immobili a uso abitativo, nel caso di accertamento con adesione o di acquiescenza, le sanzioni si applicano senza riduzioni.
In caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l'esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d'imposta antecedenti a quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10% del valore catastale dell'immobile (Rendita x 1,05 x 120).
>>Il ravvedimento
Il ravvedimento è lo strumento con il quale il contribuente può rimediare, spontaneamente ed entro termini ben precisi, alle violazioni tributarie commesse a seguito di omissioni o errori (pagamenti insufficienti o non eseguiti, redditi non dichiarati, dichiarazioni non presentate, contratti non registrati, ecc.).
E’ uno strumento di carattere generale ed è utilizzabile, in linea di principio, per la regolarizzazione di qualsiasi violazione tributaria che comporta una sanzione.
Principale effetto del ravvedimento è la riduzione della sanzione amministrativa connessa alla violazione.
Dal 1° gennaio 2015, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, è possibile ricorrere al ravvedimento in tutti i casi in cui non sia stato già notificato un atto di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni di irregolarità (art. 36-bis e 36-ter del Dpr 600/1973 e art. 54-bis del Dpr 633/1972).
Per i tributi non amministrati dall’Agenzia delle Entrate vi sono altre cause preclusive. In particolare, il ravvedimento è consentito solo quando:
- la violazione non è già stata constatata
- non sono iniziati accessi, ispezioni e verifiche
- non sono iniziate altre attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente ha avuto formale conoscenza.
Le modalità, i termini e l’ammontare della riduzione della sanzione sono diversi a seconda della violazione da sanare e del momento in cui si regolarizza la stessa.
In generale, in caso di ravvedimento la sanzione è ridotta:
- a 1/10 del minimo, nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dall’omissione
- a 1/9 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall'omissione o dall'errore
- a 1/8 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore
- a 1/7 del minimo, solo per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall'omissione o dall'errore
- a 1/6 del minimo, solo per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall'omissione o dall'errore
- 1/5 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione (mediante processo verbale).
Questa ipotesi di ravvedimento non si applica alle violazioni documentali in materia di emissione di ricevute e scontrini fiscali, di documenti di trasporto e di installazione dei registratori di cassa. - a 1/10 del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni.
Questa disposizione riguarda anche l'imposta di registro, in quanto l’espressione "dichiarazione" usata nella specie dal legislatore va intesa in senso lato e, quindi, comprensiva anche della nozione di “atto” o “denuncia” (circolare n. 192/E del 1998).
Inoltre, i contribuenti che regolarizzano gli omessi o i tardivi versamenti di imposte e di ritenute con un ritardo non superiore a quindici giorni hanno la possibilità di ridurre ulteriormente la misura della sanzione. In questo caso, infatti, la sanzione è pari allo 0,2% per ogni giorno di ritardo.
>>La remissione in bonis per la cedolare secca
Come regola generale, quando per la fruizione di agevolazioni fiscali o per l’accesso a regimi fiscali è previsto l’obbligo di presentare una comunicazione preventiva, o eseguire un altro adempimento di natura formale, il contribuente che non lo ha effettuato tempestivamente ha l’opportunità, a determinate condizioni, di non perdere il beneficio, presentando la comunicazione o eseguendo l’adempimento formale entro il termine ordinario di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile.
Questa è la cosiddetta “remissione in bonis” e può essere fruita anche in relazione alla mancata scelta del regime fiscale della cedolare secca.
LE REGOLE GENERALI DELLA REMISSIONE IN BONIS
Per usufruire della “remissione in bonis” è necessario, innanzitutto, che la violazione “non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza”.
Quindi, è possibile attivarsi soltanto in assenza di attività di accertamento avviate da parte dell’Amministrazione finanziaria e conosciute dal contribuente.
Occorre, poi, che il contribuente, alla data originaria di scadenza del termine normativamente previsto per la trasmissione della comunicazione o per l’assolvimento dell’adempimento di natura formale, abbia i requisiti sostanziali prescritti dalle norme di riferimento.
La comunicazione o l’adempimento “mancanti” vanno fatti entro la data di presentazione della prima dichiarazione dei redditi (modello Unico) il cui termine scade successivamente a quello previsto per effettuare la comunicazione o eseguire l’adempimento.
Per finire, contestualmente alla presentazione tardiva della comunicazione o all’adempimento tardivo, occorre versare la sanzione di 258 euro con F24 (codice tributo 8114), senza possibilità di compensare con crediti eventualmente disponibili.
REMISSIONE IN BONIS E CEDOLARE SECCA
La tardiva presentazione del modello RLI per la scelta della cedolare secca può rientrare, in determinati casi, nel campo di applicazione della remissione in bonis.
Occorre, però, che il tardivo assolvimento dell’obbligo di presentazione del modello non sia configurabile come un “mero ripensamento”.
Facciamo, di seguito, un esempio, ricordando che:
- l’opzione per la cedolare secca può essere esercitata sin dall’inizio, oppure in un’annualità successiva, entro il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro (ossia, entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente)
- l’esercizio dell’opzione (con il modello RLI) oltre questo termine determina l’impossibilità di accedere al regime della cedolare secca per quell’annualità e produce effetti soltanto in quelle successive.
Esempio
Contratto di locazione quadriennale, con efficacia dal 1° gennaio 2015 (anno n) al 31 dicembre 2018 (anno n + 3), stipulato il 1° gennaio 2015 e registrato, nei termini, il 15 gennaio 2015, senza esercitare l’opzione per la cedolare secca. L’imposta di registro è stata pagata per tutte e quattro le annualità.Ipotesi 1: presentazione in data 15 febbraio 2015 di un nuovo modello RLI per la scelta della cedolare secca
In tale situazione l’opzione non produce effetto per il 2015 (anno per il quale doveva essere esercitata entro il termine di prima registrazione, ossia 31 gennaio 2015), ma solo a partire dal 2016 (anno n +1), senza applicazione di alcuna sanzione e senza diritto al rimborso dell’imposta di registro versata.Ipotesi 2: presentazione in data 15 febbraio 2016 di un nuovo modello RLI per la scelta della cedolare secca
In questo caso l’opzione non produce effetto per il 2016 (anno per il quale doveva essere esercitata entro il 31 gennaio 2016), ma solo a partire dal 2017 (anno n +2), senza applicazione di alcuna sanzione e senza diritto al rimborso dell’imposta di registro versata.
Le situazioni indicate nelle due ipotesi non sono sanabili con la remissione in bonis, al fine di ottenere la decorrenza del regime della cedolare secca, rispettivamente, già dal 2015 (ipotesi 1) e dal 2016 (ipotesi 2).
Non può essere ammesso a fruire della “sanatoria”, infatti, chi ha effettuato il versamento dell’imposta di registro (anche se in un’unica soluzione) prima di esercitare l’opzione per il regime della cedolare secca. Il pagamento dell’imposta di registro è indice di un comportamento non coerente con la volontà di optare per il regime della cedolare secca che, come noto, non presuppone il versamento del tributo.
Allo stesso modo, non è possibile beneficiare della remissione in bonis per l’anno in corso, nei casi in cui il contribuente che paghi annualmente l’imposta di registro abbia già versato, nei ermini previsti, il tributo annuale sull’ammontare del canone.
La remissione in bonis può produrre, invece, effetti qualora si verifichino situazioni come questa:
- contratto di locazione quadriennale con efficacia dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2018, stipulato il 1° gennaio 2015, registrato nei termini il 15 gennaio 2015, senza optare per la cedolare secca, con il versamento dell’imposta di registro dovuta per la sola prima annualità.
- successivo modello RLI presentato il 15 febbraio 2016, per scegliere la cedolare.
In tal caso, l’opzione non produrrebbe effetti per il 2016 (anno per il quale doveva essere presentata entro il 31 gennaio 2016), ma solo per il 2017.
In questa ipotesi è però possibile avvalersi della remissione in bonis e ottenere la decorrenza dal 2016 (evitando la sanzione per omesso/tardivo versamento dell’imposta di registro), considerando che, fermo restando il rispetto delle altre condizioni necessarie per accedere al regime, l’imposta di registro annuale non è stata pagata.
La remissione in bonis deve essere effettuata entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile, successiva alla scadenza del termine ordinario (nell’esempio, 30 settembre 2016).
Per il suo perfezionamento occorre versare 258 euro, con il modello F24, utilizzando il codice tributo “8114”.
Fonte: Agenzia delle Entrate - Fisco e Casa: le Locazioni (gennaio 2015)